Asilo nido da 0 a 3 anni Brescia HAPPY BABY e un asilo nido che offre un’educazione non solo valida e completa, ma anche culturalmente “aperta”e vissuta in un ambiente internazionale (il tutto, naturalmente, senza dimenticare che questi piccoli dovranno ricevere le basi migliori per potersi poi, con tutta la probabilita, inserire felicemente nella comunita).

L'asilo nido bilingue innovativo a Brescia, affidandosi a un progetto pedagogico ben preciso, volto a valorizzare al massimo l’apprendimento, ma al tempo stesso garantendo ai piccoli del nostro asilo nido privato il massimo del divertimento e della serenita, asilo nido offre uno spazio educativo familiare ed accogliente, e contemporaneamente dinamico e stimolante: asilo nido e un luogo nel quale possa essere veramente bello crescere!

Le mamme del nostro asilo nido dicono di noi: mamma di Giulia: Le educatrici del asilo nido privato Happy Baby sono molto brave e la struttura e al passo coi tempi..Abbiamo la webcam!!

ma a mio parere il quadernino digitale on-line e utilissimo!!quando torni a casa sai gia che giornata ha passato il tuo bimbo.

Credo che vedere Giulia felice e serena quando la sera la riporto a casa, e la riprova che al nido trova l'affetto di una famiglia..Grazie a tutte: Gloria,Valeria,Deborah e Oksana. Mamma di Adolfo: Da quando Adolfo ha incominciato il nido e migliorato moltissimo,mangia di piu, e piu socievole.

Ringrazio Gloria,Valeria e Oksana per la loro disponibilita. E ora c'e anche la webcam, fenomenale..Posso sbirciare il mio piccolino anche quando non e vicino.

338 700 68 69
Lunedi - Venerdi: 07.00 - 19.00
Sabato: su richiesta
Domenica: Chiuso

Legge e gioca

28 agosto 2011, 20:44
Legge e gioca

BPH098I bambini imparano prima a dire no e solo dopo i due anni iniziano a dire di sì. Il sì non è associato all’esaltante sensazione di autonomia, al brivido della sfida. È come se il piccolo ribelle avesse scoperto di poter rovesciare il suo cannocchiale finora puntato lontano a scrutare il mondo, per puntare la lente su se stesso e osservare un io ingrandito, gonfio di quel sentimento di onnipotenza che solo la prima infanzia sa regalare. 


Negando, il bambino, paradossalmente afferma se stesso: i suoi gusti, i suoi desideri o i suoi “capricci”. Non sa ancora quello che vuole, ma insiste per averlo. Le sue cocciutaggini rappresentano la prima, completa dichiarazione di identità. Quelli che noi chiamiamo capricci, ricatti o disubbidienze sono per il bambino il modo di stabilire quali siano i rapporti tra lui e gli adulti. Nel metterli in atto, il piccolo, raggiunge tre obiettivi.

Si rende conto del punto cui può arrivare. I bambini imparano per esperienza personale e non perché gli recitiamo la litania dei sì e dei no. Vogliono sapere quanto sono rigidi i nostri divieti, quale ne è l’estensione ma, soprattutto, se facciamo sul serio o se invece ci limitiamo a brontolare senza imporne veramente l’osservanza. 
Mamma si arrabbia se vengo a tavola con le mani sporche, pensa il bambino e si domanda: "Quanto devono essere sporche perché si arrabbi? E, cosa succede quando si arrabbia? Mi obbliga a lavarle o per-questa-volta-lasciamo-andare...". Oppure: "Papà urla quando lascio le scarpe in mezzo al corridoio. Continuerà a urlare? O prima o dopo si deciderà a fare qualcosa?".
Catalizza il nostro interesse. Spesso l’unico modo in cui un bambino riesce a catturare l’attenzione degli adulti è combinare qualche disastro. Torna a casa da scuola e la mamma è attaccata al telefono. La sera arriva il papà e bisogna stare zitti perché trasmettono il telegiornale. E, allora, in molti casi inconsapevolmente, cerca di attirare l’attenzione su di sé: corre con il triciclo in corridoio e finisce contro la vetrinetta dell’argenteria. I genitori lo sgrideranno, e magari gli proibiranno di vedere la tv, ma intanto è riuscito a suscitare la loro attenzione e a rassicurarsi del fatto che si interessano a lui. 
Capire “chi comanda” in casa. "Mamma mi ha detto che posso usare il videotelefono", annuncia serafico Marzio quando, tornando tardi alla sera, il papà lo trova davanti allo schermo. È una bugia, ma lui ci prova. Le possibilità sono due, o il papà ci crede e lascia perdere oppure si arrabbia con la mamma, i due cominciano a litigare e lui ottiene due risultati: devia l’irritazione del papà verso la mamma e, approfittando del trambusto, continua a giocare con la cornetta.

Come prevenire lo scontro

Rispettiamo gli spazi del bambino. Da parte nostra, bastano piccole attenzioni per trasmettere al bambino il messaggio che rispettiamo la sua zona off limits: ricordandoci di bussare prima di entrare nella sua stanza, rispettando la privacy dei suoi cassetti, accettando il fatto che voglia serbare alcuni segreti e dandogli il modo di scegliere quando parlare con noi. 
Limitiamo i no a ciò che veramente conta. Decidiamo una linea di condotta sulla quale siamo profondamente convinti. Diamo poche regole che sappiamo di poter gestire. «Non chiedete mai a un bambino di fare qualcosa di inutile o di poco importante», raccomanda lo psicologo americano Raphael Hirsch. «Prima di rifiutare una sua richiesta, per quanto ci possa sembrare assurda o banale, chiedetevi: “Che male c’è se acconsento?” Basatevi sul principio che il bambino può avere tutto ciò che vuole, purché non danneggi la sua salute fisica o morale».
Come spiega il grande pediatra Marcello Bernardi, l’importante è essere coerenti: «Una volta dato un ordine, non rimangiatevelo, mai più. Se oggi proibite a vostro figlio di giocare con i cucchiaini del servizio buono e il giorno dopo glielo permettete pur di non sentirlo frignare, non saprà più se l’uso dei cucchiaini è vietato o no».
Quando è possibile, coinvolgiamolo nelle decisioni. Ancora prima che sia in grado di parlare, chiediamo al bambino la sua opinione. Cominciamo da cose di poco conto: Preferisci la felpa con gli orsetti o quella con i pinguini? La scelta è limitata a un numero di opzioni da noi fissate in precedenza: non accetteremo mai che si metta il costume da bagno per andare all’asilo!
È quella che gli esperti di comunicazione chiamano l’alternativa entro limiti ben precisi. Se poi abbiamo fretta e non abbiamo il tempo di scendere a trattative, facciamo capire al bambino il nostro stato d’animo: "Ho fretta, dobbiamo arrivare in tempo a scuola e io non voglio fare tardi al lavoro. Mi dispiace, adesso indossa questa maglietta, domani ricordami che scegliamo quella che preferisci tu".
Poi, una volta in strada, lodiamolo per la sua ragionevolezza: "Sei stato veramente bravo. Mi hai aiutato a non arrivare tardi al lavoro. Stasera potrai giocare al computer perché ti sei comportato proprio da grande!". Non si tratta di un ricatto: il premio non è stato prospettato prima, per far cambiare idea al bambino, ma è dato dopo, quando ha già accettato di ubbidire. 

Presentiamo le regole in positivo. Invece di prospettare al bambino un mare di divieti, mettiamo le cose in positivo; diciamogli chiaramente il comportamento che ci aspettiamo da lui e cosa deve fare. In tal modo otteniamo due risultati.
Primo, lo aiutiamo a prepararsi all’esecuzione del compito da noi richiesto. Secondo, conoscendo quanto ci aspettiamo da lui, sarà più disposto a soddisfare le nostre attese.
Implicitamente, gli facciamo capire che abbiamo fiducia in lui. L’esperienza di genitori ed educatori insegna che le attese positive sono più efficaci delle minacce. 
- Stasera devo finire un lavoro importante che devo presentare domani al mio capo. Ti chiedo di fare un gioco tranquillo e di non interrompermi per farmi delle domande. Sono sicuro che tu mi aiuterai! 
- Oggi verrà a trovarci lo zio Gustavo. Sai che è malato e mol-to stanco. Sii gentile con lui, come sai esserlo, cerca di gioca-re con calma insieme a tuo fratello, senza gridare né litigare.
- Stasera andiamo tutti a mangiare la pizza. Prima però la tua stanza deve essere in perfetto ordine!
L’effetto non è garantito al 100 per cento ma, se non altro, se dovessimo perdere la pazienza perché non ha fatto ciò che abbiamo chiesto, ne comprenderà il motivo. 
Proponiamo un programma. Se il bambino è piccolo, prendiamogli la mano e, iniziando dall’indice, annunciamogli il programma. 
- Adesso andiamo ai giardinetti e dopo andiamo a comprare la verdura. Quando torniamo a casa facciamo un bel bagnetto e poi potrai giocare nella tua stanza fino all’ora in cui arriva a casa il papà. 
- Adesso sto leggendo il giornale, dopo dovrò fare una telefonata e poi sarò tutta per te.
- Ancora tre giri sullo scivolo, poi raccogli tutti i giocattoli e corriamo a casa perché la mamma ci aspetta per la cena.
- Tra poco sarà pronta la cena. Finisci di vedere questo programma e poi spegni la tv.
Anche se il bambino non sa ancora leggere l’orologio, questi mini-programmi, annunciati per tempo ed eseguiti puntualmente, eliminano interminabili tira e molla.
Insegniamogli a risolvere i conflitti. Se un bambino perde la pazienza, spesso diventa distruttivo: accecato dalla rabbia, perde il controllo di sé. Se ci opponiamo a lui frontalmente rischiamo di moltiplicare le sue reazioni incontrollate. 
Al contrario, catturiamo il suo sguardo, mettiamoci al suo livello e parliamogli con calma e abbassando la voce: "Vediamo cosa sta succedendo: tu volevi salire sulla bicicletta prima di tua sorella. Capisco che ci sia rimasto male, hai ragione. Ma non si risolvono i problemi tirando i calci. Andiamo a parlarne insieme per trovare una soluzione".
In tal modo lo aiutiamo a guardare “da estraneo” quanto sta succedendo, a trovare una distanza sufficiente per osservare il proprio comportamento e tirare le conclusioni che gli sono più favorevoli.

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